Programmazione Cinema Italia dal 03-05 al 08-05

mercoledì 04 maggio ore 18.30 (€ 4): NEMICHE PER LA PELLE
mercoledì 04 maggio ore 16.30 (€ 4) – 21 (€ 5): ROOM – cineforum
sabato 07 maggio ore 16.30 (€ 5): IL LIBRO DELLA GIUNGLA
sabato 07 maggio ore 18.30 e 21: LE CONFESSIONI
domenica 08 maggio ore 19.30 (€ 5): IL LIBRO DELLA GIUNGLA
domenica 08 maggio ore 21.15: LE CONFESSIONI
mercoledì 11 maggio ore 16.30 (€ 4): LE CONFESSIONI
mercoledì 11 maggio ore 18.30 – 21 (€ 5): MISTER CHOCOLAT – cineforum

Nemiche per la pelle
Lucia e Fabiola sono nemiche per la pelle. Le prime sequenze del film, diretto da Luca Lucini, ci mostrano il vivere quotidiano di due donne completamente diverse che sono lo specchio non solo del femminile italiano ma anche del Bel Paese in generale. Lucia, interpretata da Margherita Buy, è una psicologa degli animali che frequenta con poca passione un pittore partenopeo (Gianpaolo Morelli) ma che pensa ancora all’ex marito Paolo, il quale dopo dodici anni di matrimonio l’ha lasciata per Fabiola, che ha il volto di una sagace e mordente Claudia Gerini. L’attrice romana è spiritosa nei panni di un’imprenditrice che tratta i suoi sottoposti come fossero degli zerbini, con un atteggiamento militaresco, mettendo i soldi all’apice della propria scala di valori. All’inizio della pellicola i due personaggi non si sfiorano nemmeno ma, quando Paolo muore, il rancore tra Fabiola e Lucia affiora e si manifesta proprio durante il rito funebre. Questa sequenza si tinge d’ironia ed ha in sé la comicità di un’Italia che non dimentica il suo passato cinematografico più glorioso.
Room
Eccoli, madre e figlio, prigionieri in tutta la prima parte del racconto. Lei e lui, lui e lei. Il cielo in una Stanza. Vita rigorosamente a due, riboccante di amore reciproco e quasi ferino, interrotta di tanto in tanto dalle visite del rapitore che riscuote la sua quota di sesso con il piccolo Jack tappato nell’armadio lurido. Tutto si consuma nell’apertura e la chiusura della porta blindatissima. E tutto ricomincia, tra Jack e Ma, che ancora, qualche volta, allatta il figlio al seno. Ma viene il momento della fuga, si può immaginare quanto pericolosa, quando lei comprende che Jack, ormai cresciuto, incomincia a farsi e a farle delle domande, a costringerla a rivelargli la verità , divenuta troppo ingombrante, sulla loro condizione.
 
Il libro della giungla
Il cucciolo d’uomo Mowgli è cresciuto con il branco di lupi di Akela e mamma Raksha, nel rispetto della legge della Giungla. Al termine della tregua dell’acqua, però, la tigre Shere Khan torna a cercarlo: lei non ha rispetto del territorio altrui e finché non avrà Mowgli tutti i lupi saranno in pericolo. Il bambino decide allora di lasciare il branco, per proteggerlo, e la pantera Bagheera, che per prima lo portò ai lupi quando era piccolissimo, s’impegna a condurlo là da dove è venuto: al villaggio degli uomini.  Il viaggio per arrivare a destinazione è quello per diventare uomo, o accettarsi tale, e passa, per Mowgli, dalla conoscenza di altre specie animali (i preziosi elefanti, architetti della natura, o le ambiziose scimmie di re Louie) e dalla vita in compagnia dell’orso Baloo, goloso e giocherellone: la metà morbida della coppia genitoriale che forma con Bagheera, più ansioso e normativo, e che fa del Libro della Giungla una splendida storia di famiglia ricomposta.  La Disney torna sul luogo di un suo grande classico, ancora amatissimo, e lo fa nel modo migliore, e cioè tenendo il film d’animazione come un riferimento costante, nella successione degli episodi e nella caratterizzazione dei personaggi, prevedendo piccole variazioni che non stravolgono, ma tornando allo stesso tempo anche ai racconti originali dell’inglese Kipling e, soprattutto, puntando giustamente sulla propria specificità, ovvero il live action, la coesistenza nella stessa inquadratura di un ragazzino seminudo e di bestie feroci e meravigliose, nell’ottica di un realismo immaginario che è la vera proposta del film.
 
Le confessioni
In un resort di lusso a bordo di una distesa d’acqua gli otto ministri economici delle grandi potenze soggiornano in attesa del summit che deciderà il futuro del mondo occidentale. Il consesso è presieduto da Daniel Roché, direttore del Fondo monetario internazionale, che ha invitato anche tre ospiti estranei al mondo dell’economia: una scrittrice di best seller per bambini, una rock star e un monaco, Roberto Salus. Roché chiede a Salus di ascoltare la sua confessione, e subito dopo viene trovato morto. Per i ministri le decisioni diventano tre: se quella morte sia un suicidio o un omicidio, come comunicarla al pubblico, e se si debba proseguire con la manovra che i ministri avrebbero dovuto varare nel corso del summit.
Dopo il successo di Viva la libertà, Roberto Andò affronta l’habitat politico-economico collocando i suoi personaggi nel pieno centro della scena, ma anche costringendoli in una sorta di laboratorio di osservazione suddiviso in loculi. Gli otto ministri formano il pantheon della contemporaneità occidentale, e come gli dèi dell’Olimpo sono fallibili e fallati, dunque le loro decisioni hanno spesso ricadute nefaste sui mortali. Quando il loro Zeus viene a mancare scoprono di non avere né una guida né una direzione, e ognuno comincia a reagire alla presenza del monaco portando alla coscienza (è il caso di dirlo) quel dubbio che ha fino a quel momento negato per obbedire alle leggi dell’economia e alla ragion di Stato, anche dopo che la sovranità nazionale si è arresa alla sottomissione al Fondo monetario. Siamo in zona Todo modo ma anche nella cornice dechirichiana de Il divo: pochi potenti in uno spazio asettico e confinato chiamati a confrontarsi con la dimensione etica del proprio ruolo.
La messinscena racconta una dimensione metafisica che a ben guardare non riguarda né la politica né l’economia e nemmeno la religione o l’arte, incarnate simbolicamente dai tre ospiti estranei al G8: il terreno di gioco è quello etico e Salus, diversamente dal Don Gaetano di Todo Modo, non ha i toni dell’inquisizione e non sollecita le confessioni di nessuno, ma si limita a raccogliere lo spaesamento di questi potenti del nulla, incapaci di portare i propri paesi fuori dalla crisi, o anche solo di confessare pubblicamente la propria inadeguatezza. Salus fa da cartina di tornasole dei dubbi e dei rimorsi di tutti, e i personaggi, né più né meno dei luoghi che attraversano, entrano ed escono da se stessi in un continuo gioco di sovrapposizioni e successivi disallineamenti fra (presa di) coscienza e reiterazione di un ruolo preconfezionato dalla Storia.
La regia di Andò è nitida e squadrata, racconta un mondo inerte persino nell’emergenza, muove le sue pedine in un tempo sospeso che diventa immateriale non perché “variabile dell’anima” ma perché non rivendicabile nemmeno da chi mette a punto gli orologi che segnano il ritmo di vita del resto del mondo. Salus.
Il cast di Le confessioni asseconda la visione metafisica e stupefatta del suo regista: Toni Servillo è un catalizzatore morale passivo e sibillino, Pierfrancesco Favino un ministro agìto dal suo ruolo e condannato ad essere estraneo a se stesso. Nessuno scambio verbale è spontaneo perché ogni frase è un testamento, ovvero una confessione. Ma per questi dèi condannati a governare il caos non c’è assoluzione, solo la possibilità di compiere una presa d’atto della propria intrinseca manchevolezza.
Mister Chocolat
Rafael Padilla, nome d’arte Chocolat, nacque a Cuba intorno al 1860. Dal circo al teatro, dall’anonimato alla fama, il film racconta il suo incredibile destino di primo artista nero in Francia a calcare la scena di un teatro e, con il clown Footit, a creare un duo comico di successo tra un artista bianco e uno di colore divenuto poi popolare nella Parigi della Belle Epoque, fino a quando questioni legate al denaro, al gioco d’azzardo e alla discriminazione razziale compromisero l’amicizia e la carriera di Chocolat. Il film racconta la struggente storia vera di un’amicizia unica e profonda in un’epoca di pregiudizi e discriminazioni.