Programmazione Cinema Italia dal 07-12 al 14-12

Lunedì 07 dicembre ore 21 – MISS JULIE di L. Ullman (EUROPA CINEMAS 1.0) – ingresso € 5 versione inglese sottotitolata in italiano
Martedì 08 dicembre ore 15.30 e 18  – PAN, viaggio sull’isola che non c’è di Joe Wright – ingresso unico € 5
Martedì 08 dicembre ore 20.30  – DHEEPAN di J. Audiard –  Palma d’Oro Cannes 2015
Mercoledì 09 dicembre ore 21  – DHEEPAN di J. Audiard –  Palma d’Oro Cannes 2015 –  cineforum
Giovedì 10 dicembre ore 21  – LA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO di G. Zanasi
Domenica 13 dicembre ore 16  – IL VIAGGIO DI ARLO di P. Sohn – ingresso unico € 5
Domenica 13 dicembre ore 18 e 20.30  – LA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO di G. Zanasi
Lunedì 14 dicembre ore 21 – LA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO di G. Zanasi  – ingresso unico € 5 
MISS JULIE
Una notte di mezza estate. Questo il tempo in cui si compie la storia di seduzione e potere tra Miss Julie (Jessica Chastain) e il maggiordomo John (Colin Farrell).
In un clima di baldoria e festività, grazie ai vincoli sociali allentati, la figlia del barone e il cameriere di casa si ritrovano da soli nella grande residenza di campagna di fine ottocento e mettono in atto una battaglia che non è solo di classe, ma soprattutto di dominio tra i sessi; un gioco attraente e pericoloso che, poco a poco, si trasforma in tormento e tragedia per i due protagonisti.
Liv Ullmann porta sullo schermo l’adattamento del capolavoro teatrale del drammaturgo August Strindberg, per anni censurato e proibito dalle autorità svedesi perché ritenuto osceno e moralmente sovversivo. Nel farlo rispetta i canoni della tragedia e incentra lo svolgimento della vicenda nella grande cucina, dove i due protagonisti si fronteggiano a forza di monologhi, come avviene su un palco teatrale.
È l’amore che non è amore, che quasi sempre si lega a emozioni contrastanti di repulsione e disprezzo per l’altro che si lascia dominare da noi.
Colin Farrel e Jessica Chastain sono eccezionali nell’esprimere, sostenuti da dialoghi sensibili e sottili, i risvolti psicologici di questa infatuazione. Nel farlo vengono accompagnati da una scelta indovinata del livello visivo: luci e cromie intense che valorizzano i volti dei personaggi e sottolineano l’intensità delle emozioni.
Sotto più aspetti Miss Julie strizza l’occhiolino a Barry Lindon. Se entrambe le opere sono forti di una preesistente sceneggiatura ben strutturata, la fotografia si articola spesso sulla ricostruzione di famosi quadri sette-ottocenteschi, salterà subito all’occhio come la scena finale di Miss Julie sia una trasposizione per il grande schermo dell’Ophelia di John Everett Millais.
PAN – viaggio sull’isola che non c’è
Il romanzo di J.M. Barrie, pubblicato per la prima volta nel lontano 1902, ha ispirato svariate trasposizioni, in altrettanti differenti campi artistici: teatro, musical, animazione e in larga scala, ovviamente, il cinema. Dall’iconico e hollywoodiano Hook di Steven Spielberg alla “vera storia” dietro le quinte del libro, col Neverland di Marc Foster,  fino alla trasposizione “fedele” del Peter Pan di P.J. Hogan. La storia del “bambino che non voleva crescere” è, esattamente al contrario dell’asfissiante tic tac imposto dal celebre “coccodrillo”, senza tempo, leggendaria, ma che in fondo in pochi hanno davvero compreso. Il film diretto da Joe Wright e scritto da Jason Fuchs si prefigge di raccontare una sorta di “storia delle origini”, inventata, di Peter Pan, di Capitan Uncino e di come si arriva all’Isola che non c’è così come l’immaginario popolare la conosce. Personaggio chiave è lo spietato pirata Barbanera, che rapisce piccoli orfani per portarli, con la propria nave volante, proprio sull’Isola, da lui dominata. Tutto cambia quando, tra quei bambini, si troverà proprio Peter, abbandonato misteriosamente quando era in fasce. Dopo aver fatto la conoscenza del disilluso Uncino, il ragazzo muoverà la ribellione contro la tirannia di Barbanera, aiutato dagli indiani di Giglio Tigrato, portando a compimento un’antica profezia che lo riguarda.
DHEEPAN – una nuova vita
Il film che, giustamente, ha vinto alla scorso Cannes la Palma d’oro. Dallo Sri Lanka devastato dalla guerra alle banlieue francesi dove la sola legge è quella criminale. Odissea da inferno a inferno del tamil Dheepan. Un altro film in cui Audiard indaga la barbarie che si cela sotto la scorza della civilizzazione, e i rapporti di potere e sottomissione che si instaurano in un universo chiuso.
Finalmente nelle sale nostre il film che ha portato a Jacques Audiard la Palma d’oro. Regista grande quanto sottostimato – forse perché autore di un cinema-cinema corporale, di fisica e palpabile immediatezza più che cerebral-intellettualistico, e fors’anche perché non disdegna di flirtare con i generi – , Jacques Audiard ancora una volta fa centro pieno con Dheepan. La parte d’inizio sembra un altro dei film sui migranti che scappano dalla lande più desolate della terra per raggiungere con ogni mezzo l’opulenta (ma fino a quando?) e democratica (ma fino a quando?) Europa. Sri Lanka, nel nord Tamil, territorio a tradizione indù, colpito da decenni da una guerra e guerriglia con il governo centrale buddista. Ferocie da entrambe le parti, morti a milioni. Il trentenne Dheepan ha perso la famiglia, gli procurano un falso passaporto da cui risulta sposato, e dunque gli aggregano una donna che non ha mai visto che si spaccerà per sua moglie e una bambina altrettanto sconosciuta come figlia. Tre poveri disgraziati che per passare le frontiere e essere accolti in Europa come rifugiati politici devono recitare la commedia del nucleo familiare sofferente. Arrivano in Francia. Dheepan ottiene presto un posto come custode di uno di quei palazzoni della banlieue dove lo stato non arriva. Diviene presto chiaro come lo sguardo di Jacques Audiard, benché partecipe delle traversie del suo personaggio, non inferisca direttamente il problema globale e attualissimo della migrazione né delle difficoltà di integrazione in una società sempre più multiculturale, quanto disegni un’altra traiettoria umana all’interno di uno spazio, fisico e mentale, che al regista appare tale e quale a una prigione. Dheepan è co-stretto nella banlieue e, pur abitando in una delle capitali della civilissima Europa, ritrova schemi e mentalità da cui era fuggito, ovvero uno stato di guerra.
Audiard non sbaglia niente, perseguendo e attuando la sua idea di cinema primario e insieme sofisticato, capace di massima comunicabilità e presa sullo spettatore. Tutta la parte finale, nel fuoco della guerra urbana, è allarmante, poderosa ed attualissima. Forse si concede allo spettatore qualcosa di troppo nell’ultima scena, ma sono dettagli marginali in un film che resta magnifico e straordinariamente denso e compatto.
LA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO
Per il suo secondo film, La felicità è un sistema complesso, Gianni Zanasi si affida di nuovo a Valerio Mastandrea e Giuseppe Battiston, già protagonisti della sua opera prima, il multipremiato Non pensarci.
Ne La felicità è un sistema complesso, presentato al Torino Film Festival 2015, il protagonista assoluto è un convincente Valerio Mastandrea, che si appropria del ruolo e del ritmo del racconto, e che offre la sua sensibilità e la sua scanzonata simpatia ad un personaggio curioso e complesso. Interpreta l’avvocato Enrico Giusti che per un importante fondo di investimento deve allontanare dirigenti irresponsabili e incompetenti che possano creare problemi alle aziende che gestiscono e che nella maggioranza dei casi hanno ricevuto in eredità. Ma quando Enrico deve convincere due adolescenti rimasti improvvisamente ……
Gianni Zanasi si conferma con questo suo secondo lungometraggio un regista di grande talento; il film sa raccontare da un diverso punto di vista la crisi economica e la crisi nei rapporti interpersonali, in famiglia o nel lavoro, e mette in risalto personaggi ben costruiti che rivelano la fragilità e la confusione di questi anni difficili. Teco Celio e Giuseppe Battiston sono un padre e figlio lontani quanto possono esserlo un amministratore delegato e il suo segretario, e rientrano nel gioco delle coppie all’interno del film, dall’affidabile avvocato Mastandrea e la sconclusionata ex ragazza del fratello interpretata da Hadas Yaron, fino ai due fratelli Filippo e Camilla, legati da un affetto che li fa sentire invincibili contro la cattiveria del mondo.
Da sottolineare la splendida colonna sonora di Niccolò Contessa e la fotografia di Vladan Radovic, che contribuiscono a fare de La felicità è un sistema complesso un film sicuramente godibile e interessante anche da un punto di vista estetico.
 IL VIAGGIO DI ARLO
Prendete un dinosauro pauroso di nome Arlo e un piccolo cavernicolo di nome Spot che ulula come un lupo e che si comporta come un cane. Shakerate il tutto e condite l’impasto con un viaggio preistorico fatto di peripezie, di lucciole danzanti e di grandi lezioni di vita. Cosa otterrete? Ebbene l’ultimo magico film Disney•Pixar Il viaggio di Arlo, diretto da Peter Sohn.
Il lungometraggio è una piccola delizia per gli occhi e per il cuore, ed è adatto per grandi e piccini. Di fatto, si pone un bizzarro interrogativo: che cosa sarebbe successo se l’asteroide che ha cambiato per sempre la vita sulla Terra non avesse colpito il nostro pianeta e i dinosauri non si fossero mai estinti?
La pellicola mostra paesaggi mozzafiato ispirati ai paesaggi del nord-ovest degli Stati Uniti e catapulta Arlo in un ambiente vasto e misterioso che lo costringe ad affrontare le proprie paure. Il suo sarà un percorso fisico ed emotivo, nel corso del quale incontrerà molti personaggi particolari, come i T-Rex cowboy.
Insomma, Il viaggio di Arlo è un film spassoso, che gioca sull’inversione dei ruoli, che mostra il lato bestiale degli umani e quello umano delle bestie. È una pellicola spettacolare che mischia action, formazione, ambientazione western e spazi incontaminati da togliere il fiato. Di fatto, la cura dei dettagli è strabiliante. L’ambientazione non si limita al paesaggio esterno, ma presenta anche incredibili variazioni climatiche.
Il viaggio di Arlo col suo picaresco racconto è uno squisito film per famiglie, perché è ricco di emozioni, di ritmo, di poesia e di un delizioso sense of humour. È una visione cinematografico semplice e incantata. Una dolcissima favola capace di divertire, ma soprattutto di intenerire.