Programmazione Cinema Italia dal 13-06 al 14-06

Programmazione Cinema Italia dal 13-06 al 14-06

 

Nocedicocco – il piccolo drago di N. West

 E’ la storia di un draghetto, appunto, Noce Di Cocco, il cui compito è fare la guardia all’erba del fuoco, un’erba importantissima per il suo clan che, grazie ad essa, è diventato un popolo di draghi sputafuoco. Quando Noce Di Cocco, per salvare un agnellino che sta per finire nelle fauci di altri draghi perde di vista l’erba, si scatena un incendio e succede un disastro. Riuscirà il piccolo drago a risolvere il pasticcio?

Quello che so di lei di M. Provost

In concorso al Festival di Berlino 2017.

Il cinema francese regala ruoli di spessore alle donne, non più ragazze, come nessun altra cinematografia. L’ennesima conferma arriva con un nuovo ruolo di rara intelligenza e consapevolezza di Catherine Deneuve, nel film di Martin ProvostQuello che so di lei. Un autore da sempre interessato all’universo femminile, basti pensare a Séraphine e Violette.

Il titolo originale (Sage femme) rimanda al nome con cui in Francia sono tradizionalmente chiamate le ostetriche, il cui antico sapere ha aiutato a nascere milioni di bambini e che Claire (Catherine Frot) nel film porta avanti con orgoglio. Le tecnologie moderne premono per un avvio alla vita meno legato all’esperienza, a quel metodo che privilegia l’elemento umano che per Claire è il senso stesso del lavoro e per molti anni della sua vita stessa. Il reparto maternità di un ospedale della periferia parigina in cui lavora sta chiudendo, e mentre deve decidere se passare a un nuovo fiammante sforna pargoli da 4000 nascite all’anno, riceve la telefonata di una donna, Béatrice (Catherine Deneuve), che arriva dritta dal suo passato. Sono trent’anni da quando è sparita, dalla vita di Claire e del padre, con cui aveva una relazione. Tutti e tre hanno vissuto per alcuni anni in allegria in una casa della rive gauche parigina. Ora ritorna perché malata, lei che ha sempre affrontato la vita con sfrontatezza bohemienne, vivendo in pieno senza rimpianti e godendo di ogni possibile gioia, pronta a sopportare le inevitabili cadute.

Quello che so di lei regala un ritratto di due donne completamente diverse: una rigorosa e sempre razionale, tutta dedita alla missione di far nascere nuove creature; l’altra irresponsabile, senza aver mai lavorato un giorno, pronta a giocarsi tutto al tavolo da gioco. La vita e la morte si affacciano continuamente nel film, crocevia di cambiamento per due donne e due grandi interpreti del cinema francese, alle prese con un rapporto prima diffidente e poi sempre più intimo, legato alla nostalgia di un passato d’amore per lo stesso uomo, padre o amante che fosse. Claire si fa convincere da Béatrice a prendere la vita meno sul serio, a colorarla di un sorriso infantile o di un bicchiere di troppo. Elogio dell’edonismo del buon vivere, della sigaretta come sinonimo di libertà, della carne rossa e del buon vino, si fa apprezzare soprattutto per le due grandi performance che ne sono il cuore pulsante, senza dimenticare il risveglio sensoriale per Claire rappresentato dal sanguigno camionista Olivier Gourmet.

Programmazione Cinema Italia dal 26-08 al 28-08

venerdì 26 agosto:
ore 19 – IL DRAGO INVISIBILE
ore 21 – L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO
sabato 27 agosto:
ore 18.30 – L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO
ore 21 – IL DRAGO INVISIBILE
domenica 28 agosto:
ore 19 – IL DRAGO INVISIBILE
ore 21 – L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO
mercoledì 31 agosto:
ore 18.30/21 – STAR TREK BEYOND (€ 5)
  
IL DRAGO INVISIBILE di David Lowery
Alla morte dei genitori il piccolo Pete viene “adottato” da un enorme drago verde, che il bambino chiama Elliott in omaggio al cagnolino protagonista del suo libro di fiabe preferito. Da quel momento Pete ed Elliott si aggireranno insieme per le foreste del nordovest americano, nascondendosi agli occhi degli abitanti di una comunità di boscaioli grazie alla capacità di rendersi invisibili, che nel caso di Elliott non è solo metaforica.
Ultima proiezione 6 settembre ore 18.30 (€ 4).
http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/il-drago-invisibile/61071/
 
L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO di Matt Brown
India Coloniale, 1912, il giovane matematico autodidatta Ramanujan (Dev Patel) decide di inviare a un illustre professore inglese, G.H. Hardy, le sue recenti scoperte. Fermo e ostinato nel suo lavoro, dopo l’invito di Hardy (un Jeremy Irons che riconferma il suo perenne stato di grazia) al rinomato Trinity College di Cambridge, Ramanujan parte per l’Inghilterra contro il volere della madre, lasciando la sua terra e il suo amore, la moglie Janaki.
http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/luomo-che-vide-linfinito/61056/

STAR TREK BEYOND di Justin Lin

James Kirk e l’equipaggio della USS Enterprise raggiungono la stazione spaziale Yorktown, appena completata e pronta a ospitare milioni di persone. Di fronte a una richiesta di aiuto, Kirk decide di intervenire per scoprire cosa si nasconde al di là di una nebulosa. Scoprirà di essere atteso con ansia da forze ostili.

Ultima proiezione 7 settembre ore 18.30 (€ 4).
http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/star-trek-beyond/60720/

Programmazione Cinema Italia dal 21-06 al 26-06

martedì 21 giugno ore 19 (€ 4) e 21 (€ 4): IL SENTIERO DELLA FELICITA’ – evento per la giornata internazionale dello Yoga – il film sarà proposto in una nuova versione interamente doppiato in italiano
mercoledì 22 giugno ore 19 (€ 5 – ridotto € 4 < 26 anni): APPENA APRO GLI OCCHI – canto per la libertà – versione originale sottotitolata in italiano
mercoledì 22 giugno ore 21 (€ 5): PELE’
venerdì 24 giugno ore 19 (€ 4): APPENA APRO GLI OCCHI – canto per la libertà – versione originale sottotitolata in italiano
venerdì 24 giugno ore 21 (€ 5): PELE’
sabato 25 giugno ore 19 (€ 5): PELE’
sabato 25 giugno ore 21 (€ 5 – ridotto € 4 < 26 anni): APPENA APRO GLI OCCHI – canto per la libertà – versione originale sottotitolata in italiano
domenica 26 giugno ore 19 (€ 4): PELE’
domenica 26 giugno ore 21 (€ 5 – ridotto € 4 < 26 anni): APPENA APRO GLI OCCHI – canto per la libertà – versione originale sottotitolata in italiano

Il sentiero della felicità
Nuova versione interamente doppiata in italiano
Giornata Internazionale dello Yoga
La vita e il messaggio dello swami Paramahansa Yogananda (1893 – 1952), portavoce della tradizione yogica in occidente e autore del best seller Autobiografia di uno Yogi. L’infanzia nel continente indiano, la morte della madre, il decennio di apprendimento nell’eremo del maestro Sri Yukteswar, l’approdo a Boston e la sua prima relazione: La scienza della religione, il trasferimento a Los Angeles e la fondazione del Self-Realization  Fellowship, le conferenze itineranti e il successo, le calunnie della stampa statunitense, il ritorno in India e il contatto con Gandhi, la morte del suo guru, l’ultimo addio al termine di un discorso.
 
Appena apro gli occhi – canto per la libertà
versione in lingua originale sottotitolata in italiano
Farah ha diciotto anni appena compiuti e una grande vitalità: vuole vivere libera, senza paura, scegliendo per se stessa, nella Tunisia del 2010, a pochi mesi dalla rivoluzione. Insieme al suo ragazzo, Borhène, e ad un gruppetto di amici, ha messo in piedi una band. La voce di Farah canta i problemi del suo paese, i sogni dei ragazzi, le ingiustizie. Hayet, sua madre, si riconosce in lei ma non può fare a meno di preoccuparsi. Farah, invece, non conosce la cautela: sgattaiola fuori la notte per cantare nei locali, recita poesie in pubblico e finisce per pagare amaramente il suo comportamento, quando viene prelevata e portata via dalla polizia.
La regista appena trentenne Leyla Bouzid sceglie, per il suo primo lungometraggio di finzione, un periodo recentissimo della storia della Tunisia, che per molti sta già scivolando nell’oblio: per ventitré anni, con Ben Ali al potere, il suo paese ha conosciuto la paura, la delazione, la violenza, dunque tornare all’altroieri, per la Bouzid, ha un doppio valore, quello di illuminare di consapevolezza il futuro e quello di ricordare, in un’epoca ombreggiata dal terrorismo, un altro terrore, non meno soffocante.
Per gran parte, il film riflette l’entusiasmo per le prime volte di Farah, e può sembrare quasi naïf al nostro occhio consumato dalla democrazia, ma il clima di tensione che la regista le fa crescerle intorno, lascia sapientemente il personaggio in una progressiva solitudine, quasi che il suo atteggiamento improntato alla libertà di movimento e di azione appaia un volontario e imprudente cacciarsi nei guai: come se il problema fosse lei e non il contesto.
Appena apro gli occhi è un film su una relazione, quella tra Farah e la madre, che è fatta di riconoscimento e di conflitto, una relazione, cioè, in cui la posta in gioco è la libertà, sineddoche famigliare di un tema molto più grande.
– PREMIO DEL PUBBLICO BNL, PREMIO EUROPA CINEMAS LABEL COME MIGLIOR FILM EUROPEO ALLA 12. EDIZIONE DELLE “GIORNATE DEGLI AUTORI-VENICE DAYS” (VENEZIA 2015)
Pelé
L’incredibile storia vera del leggendario giocatore di calcio brasiliano Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, che da semplice ragazzo di strada raggiunse la gloria, appena diciasettenne, trascinando la nazionale brasiliana alla vittoria del suo primo mondiale nel 1958 e diventando poi il più grande calciatore di tutti i tempi vincendo altre due Coppe del Mondo. Nato in povertà, affrontando un’infanzia difficile, Pelé ha usato il suo stile di gioco poco ortodosso e il suo spirito indomabile per superare ogni tipo di ostacolo e raggiungere la grandezza che ha ispirato un intero Paese, cambiandolo per sempre.

Programmazione Cinema Italia dal 25-05 al 29-05

mercoledì 25 maggio ore 16.30 (€ 4) – 18.30 e 21 (€ 5): LA COMUNE – cineforum
venerdì 27 maggio ore 18.45 – 21: ALICE ATTRAVERSO LO SPECCHIO
sabato 28 maggio ore 18.45 – 21: ALICE ATTRAVERSO LO SPECCHIO
domenica 29 maggio ore 18.45 – 21: ALICE ATTRAVERSO LO SPECCHIO
mercoledì 01 giugno ore 18.45 (€ 3): I corti della Fice – rassegna di corti vincitori di premi internazionali
mercoledì 01 giugno ore 21 (€ 5): THE IDOL – cineforum

La comune
Il regista danese Thomas Vinterberg, dopo il successo de Il sospetto, con LA COMUNE torna a raccontare le reazioni umane nelle piccole comunità. Un’utopia è tale se tale rimane. Nel momento in cui viene realizzata diviene immediatamente una contraddizione in termini. L’utopia è un obiettivo a cui tendere e se mai si raggiungesse svelerebbe le sue debolezze. L’utopia spesso è un bel sogno, affascinante nella sua inafferrabilità, crudele nella debolezza della realtà. Siamo negli anni Settanta, gli anni dei sogni più grandi dell’uomo stesso, l’età dell’utopia e Erik e Anna, una coppia di intellettuali, decidono insieme alla figlia Freja di dar vita a una comune nella grande villa appena ereditata da Erik, in un quartiere esclusivo di Copenhagen.
Il sogno
della comune è di Anna, nota giornalista televisiva, e Erik, architetto strutturalista, lo vuole condividere, per amore della moglie. Inizia così la realizzazione di un’idea, fatta di incontri, cene e feste. Ma amicizia, amore e unione possono convivere sotto lo stesso tetto solo se vissute sulla superficie della pelle, nel momento in cui entrano nella carne, mordono e fanno male
Alice attraverso lo specchio
Alice Kingsleigh (Mia Wasikowska) ha trascorso gli ultimi anni seguendo le impronte paterne e navigando per il mare aperto. Al suo rientro a Londra, si ritrova ad attraversare uno specchio magico, che la riporta nel Sottomondo dove incontra nuovamente i suoi amici il Bianconiglio, il Brucaliffo, lo Stregatto e il Cappellaio Matto (Johnny Depp) che sembra non essere più in sé. Il Cappellaio ha perso la sua Moltezza, così Mirana (Anne Hathaway) manda Alice alla ricerca della Chronosphere, un oggetto metallico dalla forma sferica custodito nella stanza del Grand Clock che regola il trascorrere del tempo. Tornando indietro nel tempo, incontra amici – e nemici – in diversi momenti della loro vita e inizia una pericolosa corsa per salvare il Cappellaio prima dello scadere del tempo.
Nel film Disney Alice Attraverso lo Specchio il regista James Bobin porta al cinema la sua personale visione dello spettacolare mondo creato per il grande schermo da Tim Burton nel film del 2010 Alice in Wonderland. Scritto da Linda Woolverton, sulla base dei personaggi creati da Lewis Carroll. Alice Attraverso lo Specchio riunisce il cast stellare presente nel precedente film, inclusi: Johnny Depp, Anne Hathaway, Mia Wasikowska e Helena Bonham Carter. Il pubblico conoscerà inoltre nuovi personaggi, come: Zanik Hightopp (Rhys Ifans), il padre del Cappellaio Matto e il Tempo (Sacha Baron Cohen), una particolare creatura metà umana, metà orologio.
 
I corti della FICE – una valigia di sogni
Edizione n. 17 per “Cortometraggi che passione”, la selezione dei migliori film brevi dell’anno per serate a tema nelle sale Fice. Ne vedrete delle belle…  di Mario Mazzetti
Nelle prossime settimane le sale Fice riceveranno, anche grazie alla flessibilità della tecnologia digitale, gli otto film brevi che compongono la diciassettesima edizione di Cortometraggi che passione, l’iniziativa nata a fine anni 90 per contribuire alla diffusione del formato breve, una palestra di nuovi talenti con tante storie da raccontare, anche sotto forma di animazione o di documentario, con una varietà di stili e di linguaggio capace di attrarre spettatori di ogni inclinazione. Come sempre, più di sempre, gli otto corti selezionati dalla Fice esprimono una grande diversità per durata, toni, genere e modalità di espressione: dal minuto e mezzo di una storia d’amore narrata per i richiami alla forza della natura (Eyes) al quarto d’ora di più articolata sinossi che affronta temi tutt’altro che facili, a seconda dei casi stemperando nella risata o amplificando le emozioni e l’aspetto onirico attraverso la stop motion: Due piedi sinistri schiera un ragazzino e una ragazzina in una piazza, tra una partita di pallone e un confronto che con pochi dialoghi esprime (non riveleremo altro per non sciupare la sorpresa) un intero ventaglio di emozioni e di tematiche sociali, il tutto con una sana (e beffarda) ironia e una delicatezza del tocco. La valigia, al quale presta la voce Roberto Herlitzka, affronta con maestria e profondità il tema dell’Alzheimer, della perdita della memoria come elemento fondante dell’individualità, in un viaggio a ritroso nelle varie età del protagonista a partire da una stanza e da una valigia di oggetti simbolici: un colpo di fulmine. C’è spazio per una commedia di attori (e di sceneggiatura) che mette alla berlina piccole truffe e cialtronerie italiche, con tanto di morto che parla: è A questo punto, con uno straordinario Pietro De Silva. Un racconto per immagini è Il serpente, un thriller con salto sulla sedia finale, dove gli ingredienti della suspence sono un’automobile, una donna, un bosco di notte. E la più tradizionale storia del barbiere dell’Asinara, che in Sinuaria funge da collante di un’intera comunità carceraria, mogli degli ufficiali incluse. O ancora, il gioco al massacro d’autore tra palco e realtà con una convincente Antonia Liskova in Black comedy, in bianco e nero proprio come il più rilassato Vivo e veneto, omaggio alle gag e ai personaggi di Jim Jarmusch con protagonisti un biciclettaio veneto e un apprendista africano.
La novità dell’edizione 2016 di Cortometraggi che passione è l’essere concepita come un programma unico, con una sequenza preordinata degli otto corti, per dar loro dignità autonoma e rendere protagonisti per una sera (almeno) registi dal promettente futuro, alcuni molto giovani (Luigi Pane, sorrentino, ha 24 anni ed è laureato in Storia e Critica del Cinema con tesi su Kubrick; Gianluca Lasaracina ne ha 23 ed ha frequentato la New York Film Academy), altri che vantano mentori illustri (Roberto Carta, dal Dams di Bologna, collabora con Giorgio Diritti; Vivo e veneto è nato dal workshop CinemaLab sempre con Diritti e con Pietro Marcello). Accomodatevi e buona visione!
A QUESTO PUNTO di Antonio Losito
Premio internazionale Dino De Laurentiis, Miglior corto a: Saturno Film Festival, Valle d’Itria Film Festival, Premio Giuria Ragazzi Comicron; partecipazione a numerosi festival
Addolorato per l’improvvisa scomparsa dell’amico e socio in affari, Enrico si reca a casa del defunto per l’ultimo saluto, e per scoprire una truffa per intascare l’assicurazione sulla vita: basterà che il dottore firmi il referto e il custode del cimitero lo aiuti a uscire dalla bara…Commedia all’italiana, cinismo e bassezze che trascendono nel grottesco, con un gran senso della comicità
BLACK COMEDY di Luigi Pane
Festival O’Curt Napoli
Il volto allo specchio di un rude e navigato commediografo fa da contraltare a quello bello e luminoso della giovane compagna. Insieme nella vita, oltre che nella black comedy” che si apprestano a mettere in scena. In un crescente gioco di scambi e metamorfosi verbali, infrangeranno il muro che separa la realtà dalla finzione.
Il volto e la maschera, il gioco malvagio di sopraffazione tra realtà e finzione che travalica le assi del palcoscenico. Su tutti, la sensibilità interpretativa di Antonia Liskova
DUE PIEDI SINISTRI di Isabella Salvetti
Tra i premi e le partecipazioni: candidato al David di Donatello, Globo d’oro miglior corto, Menzione speciale Festival de cine italiano di Madrid e Clare Valley Film Festival, Miglior corto Matera Sport FF, Giffoni Film Festival
In un quartiere popolare di Roma, Mirko gioca a pallone con gli amici. Conosce Luana, seduta lì accanto. I due si piacciono da subito, ma una cattiva sorpresa lascia Mirko senza fiato. Luana invece sorride felice, per la prima volta in vita sua…
L’’asprezza del linguaggio senza filtri, lo spirito di gruppo, il calcio, la simpatia reciproca e il gioco degli equivoci: breve, fulminante, trascura la retorica e comunica emozioni con sapienza.
EYES di Gianluca Lasaracina
Contest #Makemefamous di Bewons
Lui e lei, incontrandosi, hanno riconosciuto negli occhi dell’altro la stessa fragilità e la stessa forza, la stessa sensibilità con i colori e gli elementi: lava, acqua, boschi, onde e rocce. L’’incontro di due anime attraverso gli occhi. Senza parole, con immagini da incorniciare.
IL SERPENTE di Nicola Prosatore
Miglior film Festival de Cine Mediterraneo di Menorca, premi ai festival: Visioni Italiane di Bologna, Cortinametraggio, Thriller! Chiller! Festival di Grand Rapids, Cortidasogni di Ravenna.
Marta sta guidando verso casa quando un albero, in mezzo alla strada, la costringe a fermarsi. Esce dalla macchina, lo sposta. Ma quando sta ripartendo, alle sue spalle compare un’auto che comincia a inseguirla.
Tra equivoci e colpi di scena una regia sapiente, un montaggio accurato per riservare sorprese e brividi fino all’ultima scena.
SINUARIA di Roberto Carta
Candidato al David di Donatello, numerosi premi tra cui: Sardinia Film Festival, Pietrasanta FF, Ortigia FF, Santa Marinella FF, Corto Fiction Chianciano Terme, Visioni Corte Festival, Visioni Italiane di Bologna
Michele Murtas, detenuto del carcere dell’Asinara, ha un talento unico nel tagliare i capelli, tanto da diventare parrucchiere per le mogli di guardie e funzionari dell’istituto. La libertà vigilata accordatagli scatena un grande scompiglio nella tranquilla vita dell’isola.
Il piacere del racconto e l’eleganza formale sono i punti di forza del cortometraggio.
LA VALIGIA di Pier Paolo Paganelli
Candidato al David di Donatello, numerosi premi tra cui: Kecorto Film Festival, ShorTS International FF, Genova FF, Arno Stream Fest, Bornshorts FF di Svaneke, Future Film Festival
Un anziano in una stanza spoglia, unico sfogo verso l’esterno una piccola finestra con le sbarre. Una valigia, contenente foto ed effetti personali di una vita. Un turbinio di ricordi, spesso confusi e incolori, finché realtà e sogno si sovrappongono.
Magistrale racconto animato degli effetti dell’Alzheimer sulla memoria, con la tecnica della stop motion.
VIVO E VENETO di Francesco Bovo e Alessandro Pittoni
Premiato a: Orzincorto, C’è Un Tempo Per l’integrazione Festival, Mondo Piccolo Cinematografico Brescello FF, Corto Movie Festival Torino, Visioni Italiane, Mestre FF, Parentesi Cinema, Capalbio Cinema
L’insolito tentativo di un biciclettaio di insegnare al nuovo apprendista africano l’arte delle piccole riparazioni. Servendosi unicamente del dialetto veneto… Tra incomprensioni ed equivoci, la difficoltà linguistica costituisce una via all’integrazione.
Bando ai buoni sentimenti, ecco un esempio d’integrazione partendo dall’’ironia a volte feroce.
www.fice.it
The Idol
Siamo a Gaza. Sinonimo di tanti conflitti, distruzione e disperazione, ma per Mohammed Assaf e sua sorella Nour, Gaza è la loro casa e il loro parco giochi. È dove, insieme ai loro migliori amici Ahmad e Omar, fanno musica, giocano a calcio e hanno il coraggio di sognare in grande. La loro band è alla buona, utilizzano vecchi strumenti musicali, ma nonostante tutto hanno grandi ambizioni. Mohammed e Nour desidererebbero cantare all’Opera Hall del Cairo; per raggiungerla sarebbe necessaria una vita intera, ma Mohammed scoprirà che per alcuni sogni vale la pena di lottare. Lungo la strada, Mohammed incontrerà la tragedia e proverà la solitudine. Il mondo che lo circonda andrà in frantumi. Nonostante tutto, comunque, Mohammed sa che la sua voce lo libererà dal dolore che lo pervade, e porterà a un popolo senza voce la gioia.

Programmazione Cinema Italia dal 12-04 al 16-04

mercoledì 13 aprile ore 16.30 (€ 4): UN PAESE QUASI PERFETTO
mercoledì 13 aprile ore 18.15: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
mercoledì 13 aprile ore 21: LA GRANDE SCOMMESSA – cineforum
venerdì 15 aprile ore 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
venerdì 15 aprile ore 21: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
sabato 16 aprile ore 16.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
sabato 16 aprile ore 18.45: HEIDI – ingresso € 5
sabato 16 aprile ore 21: REMEMBER – ingresso € 5
mercoledì 20 aprile ore 16.30 (€ 4) E 21 (€ 5): REMEMBER – cineforum
mercoledì 20 aprile ore 18.15: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016

 Un paese quasi perfetto
La storia è ambientata a Pietramezzana, un paese di piccole dimensioni isolato nelle Dolomiti lucane. Questo luogo sperduto rischia seriamente di scomparire, dato che i giovani decidono di abbandonarlo per andare a vivere in città, mentre i pochi rimasti, per la maggior parte ex minatori, si trovano a vivere in una situazione precaria con la cassa integrazione che rischia di tramutarsi in disoccupazione definitiva. Gli abitanti potrebbero scoraggiarsi per questo motivo ed invece non lo fanno affatto, anzi, trascinati da un esuberante Domenico, interpretato da Silvio Orlando, non mollano affatto le speranze. Un giorno, si profila l’ipotesi di apertura di una fabbrica e vedendo in essa la soluzione dei loro numerosi problemi, cercano di attivarsi affinché tutto proceda per il meglio. La prima cosa che gli abitanti pensano di fare è quella di cercare un medico, perché senza questa figura professionale non vi sono speranze di avere una fabbrica. La ricerca termina nel momento in cui si imbattono in Gianluca, alias Fabio Volo, un chirurgo estetico di Milano.
Il difficile per i cittadini di Pietramezzana è convincere l’uomo a rimanere in questo posto fuori dal mondo. Le proveranno davvero tutte, non solo cercando di non fargli mancare le piccole cose quotidiane come sushi, sonorità jazz e connessione internet, ma persino arruolando dei giocatori per formare una squadra di cricket.
 
Fuocoammare
Gianfranco Rosi è andato a Lampedusa, nell’epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l’invisibile e le sue storie. Seguendo il suo metodo di totale immersione, Rosi si è trasferito per più di un anno sull’isola facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d’Europa raccontando i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Da questa immersione è nato il documentario che racconta la storia di Samuele che ha 12 anni, va a scuola, ama tirare con la fionda e andare a caccia. Gli piacciono i giochi di terra, anche se tutto intorno a lui parla del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Ma non è un’isola come le altre, è Lampedusa, approdo negli ultimi 20 anni di migliaia di migranti in cerca di libertà. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.
Per 108 minuti la narrazione di «Fuocoammare» corre su due binari, da una parte la quiete antica degli isolani, abituati a vivere con il mare e con le sue conseguenze, dall’altra le ondate di migranti, gli avvistamenti, gli sbarchi, le visite mediche, la breve euforia dei sopravvissuti, le lacrime, la conta dei morti. Ma i piani, in modi curiosi e imprevedibili, si intrecciano
– ORSO D’ORO, PREMIO DELLA GIURIA ECUMENICA, AMNESTY INTERNATIONAL FILM PRIZE BERLINER, PREMIO DELLA GIURIA DEI LETTORI DEL “MORGENPOST” AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016).
– CANDIDATO AI DAVID DI DONATELO 2016 PER: MIGLIOR FILM, REGISTA, PRODUTTORE E MONTATORE.
La grande scommessa
Quando quattro investitori visionari – al contrario di quanto mostrato dalle grandi banche, dai media e dal governo stesso – intuiscono che l’andamento dei mercati finanziari avrebbe portato alla crisi mondiale dell’economia, mettono in atto La Grande Scommessa. I loro coraggiosi investimenti li porteranno nei meandri oscuri dei sistemi bancari moderni, facendoli dubitare di tutto e tutti.
E’ un grande film per tre motivi: quel che racconta, come lo racconta e, osiamo, perché lo racconta. Quali sono state le radici del collasso del mercato globale nel 2008? Lo vediamo attraverso gli occhi (undici) di sei addetti ai lavori che ne fiutarono le avvisaglie e agirono di conseguenza, arricchendosi parecchio. L’apripista è Michael Burry (Christian Bale, super), (…) il banchiere fighetto di Deutsche Bank Jared Vennett (Ryan Gosling, perfetto), (…) l’irascibile, abile e cazzuto Mark Baum (Steve Carell: ‘Foxcatcher’ non fu un caso, che attore!) (…). Infine, gli ultimi tre cavalieri di questa apocalisse finanziaria: dal Colorado i giovani Charles Geller (John Magaro) e James Shipley (Finn Wittrock) (…) e il loro passepartout Ben Rickert (Brad Pitt) (…). Sono loro i nostri eroi, ma – è una delle grandezze del film – McKay non lavora sulla immedesimazione, nei fatti impossibile, dello spettatore e nemmeno sull’empatia, che spetta al solo Baum/Carell. Veniamo, appunto, a come The BigShort racconta queste vicende: Vennett /Gosling a far da narratore e guardarci in camera, intromissioni di star quali Margot Robbie e Selena Gomez che provano a spiegarci operazioni e termini finanziari a mo’ di tutorial, macchina da presa in costante e spesso frenetico movimento, riempitivi di ‘found footage’ (la tecnica di presentare un film come una serie di filmati ritrovati e testimonianze) per abbassare la tensione narrativa e, in primis, cognitiva, tutto concorre a una narrazione iperrealistica, quasi extraterrestre, che si attaglia perfettamente all’universo per noi alieno e incomprensibile della finanza. Vi girerà la testa, e potrebbe girarvi qualcos’altro, ma questo è il – migliore – cinema americano: indagare, informare, denunciare (le responsabilità degli organi di controllo governativi furono enormi) e, sperabilmente, far capire.
Kung Fu Panda 3
Il padre di Po, scomparso da tempo, riappare improvvisamente, e il duo finalmente riunito si reca in un “paradiso segreto dei panda” dove incontrerà decine di esilaranti nuovi personaggi. Quando però il super-cattivo Kai comincia a espandersi in tutta la Cina sconfiggendo tutti i maestri di kung fu, Po dovrà fare l’impossibile e addestrarsi, in un villaggio pieno di amanti del divertimento, insieme ai fratelli maldestri, per riuscire a diventare la banda più imbattibile di Kung Fu Panda!
Heidi
Heidi è una bambina felice che vive in compagnia del nonno in una piccola casetta sulle montagne svizzere. Insieme al suo migliore amico Peter si diverte prendendosi cura delle caprette e godendosi la libertà della vita sui monti. Ma queste giornate spensierate si interrompono quando la zia Dete decide di portare Heidi a Francoforte. Lì dovrà fare compagnia a Klara, la figlia del ricco Signor Seseman, e insieme a lei imparare a leggere e scrivere sotto la supervisione della severa signorina Rottnmeier. In città Heidi conoscerà quindi un’amica inseparabile e l’amore per la lettura, ma la nostalgia delle sue amate montagne e di suo nonno si faranno sentire presto.
 
Remember
Il 90enne Zev scopre che la guardia nazista che assassinò la sua famiglia circa 70 anni fa vive attualmente in America sotto falso nome. Malgrado le evidenti sfide che la scelta comporta, Zev decide di portare a termine una missione per rendere una giustizia troppo a lungo rimandata ai suoi cari, portandola a compimento con la sua stessa mano ormai tremolante. La sua decisione dà l’avvio a uno straordinario viaggio intercontinentale con conseguenze sorprendenti.
Un coinvolgente thriller, congeniale alla cifra creativa del regista canadese Atom Egoyan, in cui quasi nulla è come ci appare. Non immaginerete neanche lontanamente di quale pasta sia realmente fatto il meticoloso, sofisticato piano di vendetta che vediamo perseguito e messo in scena e infine realizzato. Forse non tutto ha una spiegazione. Ma ciò non disturba più di tanto, anche grazie alle due interpretazioni, che riescono a rendere credibile anche ciò che non lo è.

Programmazione Cinema Italia dal 22-03 al 03-04

mercoledì 23 marzo ore 16.30 (€ 4) – 18.30 (€ 5) – 21 (€ 5): THE LOBSTER – cineforum
lunedì 28 marzo ore 16.30: IL SENTIERO DELLA FELICITA’ – ingresso € 5
lunedì 28 marzo ore 18.30 – 21: BROOKLYN
mercoledì 30 marzo ore 18.30: UNA VOLTA NELLA VITA – ingresso € 5
mercoledì 30 marzo ore 16.30 (€ 4) e 21 (€ 5): STEVE JOBS – cineforum
sabato 02 aprile ore 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
sabato 02 aprile ore 21: BROOKLYN
domenica 03 aprile ore 16.30 e 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
domenica 03 aprile ore 21 (€ 5): BROOKLYN 

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The lobster
In un futuro prossimo e immaginario essere single oltre una certa età è vietato, pena l’arresto e la deportazione in un grande hotel nel quale si è obbligati a trovare l’anima gemella in 45 giorni di tempo, tra punizioni e questionari assurdi. Uomini d’affari, professionisti, donne in carriera e individui meno realizzati tutti insieme sono costretti a cercare un affiatamento possibile perchè se non dovessero trovarlo nel mese e mezzo a disposizione saranno trasformati in un animale a loro scelta.
Appena fuori dall’hotel c’è un bosco dove si trovano i ribelli, individui fuggiti dall’hotel che vivono liberi e single a cui non è concesso di stare con nessuno. Il protagonista passerà prima nel grande hotel senza trovare quell’amore obbligatorio che troverà in mezzo ai ribelli, là dove non è consentito.
Cosa succederebbe se potessimo andare in deroga ad alcune fondamentali regole sociali? Quante delle strutture, delle convenzioni e delle ipocrisie che il vivere in una società ci impone rimarrebbero tali e quanto invece potremmo sviluppare forme d’interazione nuove? Yorgos Lanthimos sembra chiederselo in ognuno dei suoi film e la risposta che si dà oscilla costantemente tra il pessimistico e il grottesco: non molto cambierebbe, nemmeno una revisione degli assunti di base può salvare l’uomo da se stesso.
Il sentiero della felicità
La vita e il messaggio dello swami Paramahansa Yogananda (1893 – 1952), portavoce della tradizione yogica in occidente e autore del best seller Autobiografia di uno Yogi. L’infanzia nel continente indiano, la morte della madre, il decennio di apprendimento nell’eremo del maestro Sri Yukteswar, l’approdo a Boston e la sua prima relazione: La scienza della religione, il trasferimento a Los Angeles e la fondazione del Self-Realization  Fellowship, le conferenze itineranti e il successo, le calunnie della stampa statunitense, il ritorno in India e il contatto con Gandhi, la morte del suo guru, l’ultimo addio al termine di un discorso
 
Brooklyn
Eilis sta per partire per l’America, in Irlanda sembra non avere un futuro e la famiglia, aiutata dal prete, la spedisce nel nuovo mondo in nave. Sono gli anni ’50. A New York si ambienta a fatica e combatte con un’insopprimibile nostalgia fino a che non conosce un ragazzo italoamericano.
Non vuole inventare niente Nick Hornby, che adatta per lo schermo la storia di un’emigrante che lotta prima contro la nostalgia e in seguito per affermare il proprio diritto a una vita indipendente. Semmai vuole ripercorrere orme più grandi, lasciate da molti prima di lui. Forse proprio per la ragionevole umiltà artistica, unita alla consueta arroganza intellettuale dei suoi testi che non si vergognano di intendere i sentimenti come materia complessa che fiorisce in persone semplici, Brooklyn suona così riuscito. Del melodramma questo film così fieramente tradizionalista ha tutto, dalle malattie alle angherie fino al doppio amore e all’insopprimibile dilaniamento dell’animo, ma è anche evidente che questa celebrazione dell’America come mondo nuovo, non solo oggettivamente ma anche soggettivamente per la sola vita della protagonista, cela il desiderio di avere una scusa per scrivere il più naive e dolce degli animi femminili. C’è una qualità commovente nella dimessa eroina di Saoirse Ronan, nella sua dignitosa compostezza e nella maniera inibita con cui cerca il proprio posto nel mondo. Sul suo fisico gracile (“Attenta che agli italiani piacciono le donne in carne”, la avverte la sua datrice di lavoro) non si abbatte però solo lo struggimento del melò. Brooklyn sta molto attento ad usare i suoi colori caldi e i cambi di paesaggio (dall’Irlanda a New York e ritorno) per cercare di espandere la passione per i sentimenti incontenibili anche all’eccitazione della gioia o all’estasi dell’appartenenza.
Una volta tanto non è la qualità delle ambizioni a fare la differenza, ma la capacità di maneggiare la materia più semplice con la giusta delicatezza.
Una volta nella vita
Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c’è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella “europea” e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
Fuor di finzione, l’esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell’anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film.
Quello che la professoressa insegna con successo è: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell’Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l’altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare
Steve Jobs
È il 1984 e manca pochissimo al lancio del primo Macintosh. Poi sarà la volta del NeXT nel 1988 e del iMac nel ’98. Scortato dal suo braccio destro, la fedelissima Joanna Hoffman, nel backstage che muta col mutare dei decenni e dei costumi, Steve Jobs affronta gli imprevisti dell’ultimo minuto, immancabili contrattempi che si presentano sotto forma di esseri umani e rispondono al nome di Lisa, sua figlia, di Chrisann Brennan, la madre di Lisa, Steve Wozniak, il partner dei leggendari inizi nel garage di Los Altos, John Sculley, CEO Apple, Andy Hertzfeld, ingegnere del software.
Non poteva non dotarsi di un perfetto design strutturale, ovvero di un’eccellente e funzionale idea “grafica”, il film di Danny Boyle sull’imprenditore visionario che ha inventato il mouse, le icone, l’iPhone, l’iPod e l’iPad, incarnando una concezione dell’innovazione che non inseguiva mai l’omologazione ma santificava l’anomalia. E non poteva non parlare, come tutto il cinema di Boyle, di un caso di “campo di distorsione della realtà”, per usare le parole del biografo di Jobs, Walter Isaacson, a cui si ispira liberamente il film.
Il film racconta davvero, con più sapienza che retorica, un direttore d’orchestra, e non lascia che la metafora resti una frase vuota, ad uso di critici cinematografici senza fantasia. Racconta un artista la cui personalità fa la differenza; qualcuno che possiede tanto la tecnica quanto la capacità interpretativa e sa alla fine far suonare ogni singolo strumento in accordo con la propria concezione generale dell’opera d’arte.
Kung Fu Panda 3
Il padre di Po, scomparso da tempo, riappare improvvisamente, e il duo finalmente riunito si reca in un “paradiso segreto dei panda” dove incontrerà decine di esilaranti nuovi personaggi. Quando però il super-cattivo Kai comincia a espandersi in tutta la Cina sconfiggendo tutti i maestri di kung fu, Po dovrà fare l’impossibile e addestrarsi, in un villaggio pieno di amanti del divertimento, insieme ai fratelli maldestri, per riuscire a diventare la banda più imbattibile di Kung Fu Panda!

Programmazione Cinema Italia dal 22-02 al 28-02

mercoledì 24 febbraio ore 16.30 (€ 4) – 21 (€ 5): IL LABIRINTO DEL SILENZIO
mercoledì 24 febbraio ore 19: PERFETTI SCONOSCIUTI
sabato 27 febbraio ore 18.30: ZOOTROPOLIS
sabato 27 febbraio ore 21: PERFETTI SCONOSCIUTI
domenica 28 febbraio ore 16.30: ZOOTROPOLIS
domenica 28 febbraio ore 18.30 – 21: PERFETTI SCONOSCIUTI 
Il labirinto del silenzio
Francoforte, 1958. Johann Radmann è un giovane procuratore deciso a fare sempre ‘quello che è giusto’. Un principio, il suo, autografato sulla foto del genitore, scomparso alla fine della Seconda Guerra Mondiale e di cui conserva un ricordo eroico. Ma i padri della nazione, quella precipitata all’’inferno da Hitler, a guardarli bene sono più mostri che eroi e Johann dovrà presto affrontarli.
La Shoah ha marcato il secolo scorso con un ’impronta unica e tragica, influenzando in maniera decisiva i nostri modelli di rappresentazione e particolarmente il cinema. Questa ‘influenza’ continua a interrogare autori, critici ed esperti e a produrre opere che aiutano a convivere col passato, un passato che non può e non deve passare. E di passato e della sua rielaborazione dice (molto bene) Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, regista italiano naturalizzato tedesco, che assume il cinema come metodo d’’investigazione e approccia il soggetto con l’’eloquio lento del ‘diritto’.
Con Il labirinto del silenzio assistiamo precisamente a uno slittamento dal piano della visione a quello dell’’ascolto, dalla potenza delle immagini a quella delle parole.
 
Perfetti sconosciuti
Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell’altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l’utilizzo “ludico” dei nuovi “facilitatori di comunicazione” – chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social – a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c’è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.
Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l’allargarsi dei cerchi nell’acqua di questi “giochi” finisca per rivelare la “frangibilità” di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l’intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Zootropolis 
Il mondo animale è cambiato: non è più diviso in due fra docili prede e feroci predatori, ma armoniosamente coabitato da entrambi. Judy è una coniglietta dalle grandi ambizioni che sogna di diventare poliziotta, poiché le è stato insegnato che tutto è possibile in questo nuovo mondo. Nick è una volpe che vive di espedienti nella capitale, Zootropolis, dove Judy, dopo un’estenuante training in accademia, approda come ausiliaria del traffico. Toccherà a loro, inaspettatamente uniti, risolvere il mistero dei 14 animali scomparsi che tutta la città sta cercando e sventare i piani di chi vuole impossessarsi del potere locale, secondo l’atavico principio dividi et impera.
Zootropolis, cartone Disney supervisionato dall’onnipotente John Lasseter, affronta di petto la tematica più attuale di tutte: l’uso della paura come strumento di governo. E va a toccare un altro degli argomenti più sensibili in ogni epoca, ovvero l’esistenza (o meno) di una predisposizione biologia al crimine per alcune razze e alcune etnie. Ma si spinge anche oltre, andando ad analizzare il rapporto fra massa ed élite, nonché l’opportunità (o meno) di sopprimere la natura selvaggia e istintiva sacrificandola all’ordine sociale, flirtando con l’eterno dilemma se nella formazione degli individui, e delle società, conti maggiormente la natura o la cultura.
In realtà il discorso portante è quello dell’autodeterminazione a dispetto della propria limitata dotazione di base: un discorso che, da Monsters & Co a Planes a Turbo, attraversa molta animazione recente. È la filosofia “Yes you can” che ha portato alla presidenza americana un afroamericano e che sta alle radici del (nuovo) sogno americano. Il corollario di questa filosofia è l’ostinazione “ottusa” di Judy a “non mollare mai”, perché nessuno può dirle ciò che può essere e non essere, ciò che può e non può fare.

Programmazione Cinema Italia dal 28-12 al 03-01

Lunedì 28 dicembre ore 18.30  – BELLE E SEBASTIEN-l’avventura continua – € 5
Lunedì 28 dicembre ore 21  – HEART OF THE SEA – Le origini di Moby Dick – € 5
Martedì 29 dicembre ore 18.30 – BELLE E SEBASTIEN-l’avventura continua – € 5
edì 29 dicembre ore 21  – HEART OF THE SEA – Le origini di Moby Dick – € 5
Mercoledì 30 dicembre ore 18.30 – BELLE E SEBASTIEN-l’avventura continua – € 5
Mercoledì 30 dicembre ore 21  – CHIAMATEMI FRANCESCO di D. Lucchetti – € 4
Sabato 02 dicembre ore 16  – BELLE E SEBASTIEN-l’avventura continua  –  € 5
Sabato 02 dicembre ore 18 e 20.45  – STAR WARS 7 di J.J. Abrams
Domenica 03 dicembre ore 16  – BELLE E SEBASTIEN-l’avventura continua  – € 5
Domenica 03 dicembre ore 18 e 20.45 – STAR WARS 7 di J.J. Abrams
Mercoledì 06 gennaio ore 16 e 18.15 – IL PICCOLO PRINCIPE – € 5
Mercoledì 06 gennaio ore 20.30 – STAR WARS 7 di J.J. Abrams 
BELLE E SEBASTIEN – l’avventura continua
Secondo capitolo di un’annunciata trilogia, Belle e Sebastien – L’avventura continua si differenzia dal precedente episodio grazie al taglio di pura e semplice ‘avventura’ pensato dagli sceneggiatori Fabien Suarez e Juliette Sales, che hanno così concentrato le proprie attenzioni su nuovi ‘rapporti’. Se due anni fa avevamo principalmente assistito alla nascita di un’amicizia, quella tra la gigantesca Belle e il silenzioso Sebastien, in questo sequel scatta lo step padre-figlio, inedito e travolgente per lo stesso giovane protagonista. Un volto, quello di Félix Bossuet, maturato sotto tutti i punti di vista, tanto dall’essere l’assoluto protagonista di un’opera produttivamente impegnativa ed emotivamente in grado, ancora una volta, di suscitare sane reazioni.
Immerso nella meravigliosa natura dell’Alta Moriana della Vanoise, il giovane Sebastien si ritroverà a dover prendere coraggiose decisioni, incrociando sul proprio cammino volti che gli faranno più volte battere il cuore. Non solo suo padre, anarchico e cocciuto proprio come lui, ma anche una giovane ragazzina italiana che finirà per ‘sedurlo’, per non parlare di quella Angelina cercata in lungo e in largo e di quel ‘nonno César da ritrovare dopo giorni di lontananza. Un’avventura da digerire in pochi giorni, quella scritta dai due sceneggiatori, che hanno poi assegnato un posto in prima fila all’elemento del fuoco, decisamente ben ‘gestito’ dal regista Duguay, tra imponenti incendi reali ed altri ricreati in CG.
Il film di Duguay ha il raro pregio della delicatezza, che mai si fa ‘volgare’ nella sua ricercata ostentazione. Perché i legami d’affetto dei protagonisti seminano continuamente tracce di credibilità, arrivando al nocciolo dei sentimenti tramite piccoli gesti. Un abbraccio, uno sguardo, due mani che si stringono, un sorriso, un ‘colpo di fulmine’. Molto del merito, va detto, ricade sui due mattatori, ovvero la meravigliosa Belle e lo straordinario Félix, bimbo di 10 anni dal talento travolgente qui passato alla fase ‘adolscenziale’. Dopo la solitudine del primo capitolo, il suo Sebastien è in questo caso un fiume in piena, un piccolo grande eroe impavido e monello neanche a dirlo protetto ‘a vista’ dal gigantesco amico a quattro zampe. “Belle & Sebastien. L’avventura continua” è una fiaba che mostra il coraggio dei personaggi, ma anche la loro fragilità e il loro percorso di crescita.
HEART OF THE SEA – le origini di Moby Dick
Ron Howard racconta l’odissea della baleniera Essex che ha ispirato “Moby Dick”.
Heart of the Sea fa propri dei toni avventureschi che francamente mancavano ad Hollywood. Le implicazioni di cui sopra vengono schiacciate da tanta magnificenza visiva, che c’è e che a conti fatti rappresenta il fulcro..
La direzione intrapresa è quella dello spettacolo puro, prendere o lasciare. In un contesto da film d’avventura, che è altra cosa rispetto a certi action sgangherati, smaccatamente hollywoodiani; perché questa è una macchina che quando viene fatta funzionare funziona per davvero. La prima metà del film in tal senso si comporta in maniera pressoché impeccabile: da quando Chase s’imbarca sulla Essex ed ha inizio il suo braccio di ferro “morale” col capitano Pollard, passando per i lunghi mesi di traversata, le prime balene catturate e via dicendo. Poi arriva lei, La balena, quella che già, si apprende, ha devastato un’imbarcazione spagnola.
Si ha l’impressione di essere proprio lì, sulla Essex, bagnati, sballottati, fottutamente impauriti. E si è finanche mossi dalla stessa curiosità, mossi dal desiderio di scoprire cosa viene dopo, cosa ci aspetta nella prossima
 
CHIAMATEMI FRANCESCO
Chiamatemi Francesco ricostruisce il percorso di Jorge Mario Bergoglio dalla scelta di lasciare gli studi di chimica, la fidanzata per seguire la vocazione ed entrare poco più che ventenne nell’ordine dei Gesuiti, attraverso i difficili anni della dittatura, come Padre Provinciale responsabile di un istituto dove finì per nascondere semineristi e giovani che sfuggivano dalla polizia di Videla. Dalla drammatica esperienza dei desaparecidos e del terrorismo di stato, Bergoglio ne esce provato e da qui matura la decisione di occuparsi degli ultimi, il film racconta gli anni Novanta e il suo impegno come sacerdote di strada. Fino alla chiamata che viene direttamente dal Papa, da Giovanni Paolo II che attraverso la figura del cardinale Quarracino arcivescovo di Buenos Aires gli chiede di diventare vescovo ausiliare della metropoli argentina e di occuparsi soprattutto delle periferie. Fino alla storica giornata dell’11 febbraio 2013 quando Papa Benedetto annuncia il suo ritiro e si prepara il conclave che eleggerà Bergoglio Pontefice, il film si chiude sulle vere immagini di Piazza San Pietro: “Buonasera!
“La preoccupazione più grande era quella di non fare il santino – dice Luchetti – volevo evitare quei momenti dei biopic in cui il regista in qualche modo dà di gomitata al pubblico per dire vedi già si capiva che sarebbe diventato Papa. Il mio modello è stato The Queen di Stephen Frears, ho cercato l’asciuttezza inglese. Per raccogliere informazioni sulla sua giovinezza abbiamo fatto un lungo viaggio in Argentina, abbiamo parlato con tantissime persone, amici, fedeli, praticamente a Buenos Aires non esiste persona che non abbia un ricordo personale sul Papa. Poi però ho smesso di pensare che fosse una persona viva e vegeta e che abitava ad un chilometro da casa mia, ho persino smesso di leggere i giornali che parlavano del Papa. Oggi scopro che è in Africa e che è un viaggio importante”.
Certo per Bergoglio potrebbe essere una visione dolorosa, i momenti drammatici della dittatura sono raccontati con molto realismo (“mi sono affidato molto al mio cosceneggiatore argentino – dice Luchetti – mi ha aiutato a tenere la barra alta”): i compagni scomparsi, la sua professoressa di chimica gettata da un aereo militare nell’oceano come è avvenuto a tanti scomparsi.
Interpreta il Bergoglio giovane l’attore argentino Rodrigo De La Serna che dice: “Ho sentito principalmente la responsabilità di ritrarre una figura di quella statura, la difficoltà non è stato tanto interpretarlo in modo credibile esteriormente quanto rendere la sua emotività, interiorità e spiritualità soprattutto, questo è un personaggio che mi ha insegnato quasi a pregare”.
STAR WARS 7 – il risveglio della forza 
Luke Skywalker è scomparso. La mappa con il luogo in cui si è nascosto suscita l’attenzione di molti: di Primo Ordine, organizzazione paramilitare che si richiama all’Impero Galattico cercando di restaurarne l’autorità, e della Resistenza, gruppo di repubblicani decisi a contrastare l’autoritarismo di Primo Ordine.
Quando Kylo Ren, malvagia pantomima di Darth Vader, scopre che la mappa si trova all’interno di un droide, si scatena una caccia all’uomo senza tregua, che coinvolgerà Finn, uno Stormtrooper che ha deciso di non uccidere, e Rey, una ragazza che vive rivendendo cianfrusaglie recuperate da astronavi.
Dopo 32 lunghi anni la saga di Star Wars ha un seguito. Transitata dalle mani di George Lucas a quelle della Disney, la serie viene affidata a J.J. Abrams, creatore di Lost, già dimostratosi capace di rivitalizzare Star Trek. Le mani giuste, a giudicare dall’entusiasmo suscitato dai trailer prima e dal film poi, realizzato con i fan e le loro esigenze in mente, cercando di allontanarsi il più possibile, visivamente e narrativamente, dalla deriva presa da George Lucas nella trilogia prequel.
Abrams non tenta di riscrivere un’epica, non prova nemmeno a porsi su livelli rischiosi e impossibili da rendere attuali. Preferisce dichiarare immediatamente la resa di fronte a un mito così impossibile da scalfire che si può solo emulare. Il romanzo di iniziazione di un nuovo gruppo di eroi, catapultati in un’avventura più grande di loro, non può quindi che ripercorrere la struttura narrativa e gli stilemi dell’episodio originale, Guerre stellari o Star Wars IV – Una nuova speranza, di cui Il risveglio della Forza pare un remake sotto mentite spoglie, più che un sequel. Così facendo Abrams attribuisce a Lucas la valenza di classico che non si può riscrivere, al pari di Shakespeare o Omero, e insieme accontenta i fan e prepara il terreno per un’invasione mediatico-commerciale su vasta scala.
IL PICCOLO PRINCIPE
Il futuro di una bambina è totalmente pianificato con rigidità dalla madre, che ne decide momenti di studio e svago al fine di renderla pronta per la nuova prestigiosa scuola, ma soprattutto per quando sarà adulta. I ritmi procedono come programmato, finché lo strambo vicino di casa, vecchio aviatore, non cattura la sua
attenzione con una pagina scritta a mano, su cui racconta e disegna la storia del suo incontro con un bambino nel mezzo del deserto. Col passare del tempo i due sono sempre più uniti, nella casa dell’anziano la piccola riscopre il piacere delle piccole cose e il divertimento della fantasia, lontana finalmente dal grigiore e della serialità in cui è abituata a vivere. Un’isola felice destinata ad affondare. I due amici vengono allontanati, e il vecchio ricoverato in ospedale: solo una persona più salvarlo, e così la bambina parte alla sua ricerca in un incantevole seppur pericoloso e avventuroso viaggio.

PROGRAMMAZIONE CINEMA ITALIA DAL 16-11 AL 22-11

Lunedì 16 novembre ore 20.30 – SUBURRA di S. Sollima (CINEMA DI CLASSE) – ingresso € 5
Mercoledì 18 novembre ore 21 – SUBURRA di S. Sollima – cineforum
Venerdì 20 novembre ore 21 – ALASKA di C. Cupellini
Sabato 21 novembre ore 18.30 – SNOOPY & FRIENDS – IL FILM DEI PEANUTS – ingresso unico € 5
Sabato 21 novembre ore 21 – ALASKA di C. Cupellini
Domenica 22 novembre ore 16 – SNOOPY & FRIENDS – IL FILM DEI PEANUTS – ingresso unico € 5
Domenica 22 novembre ore 18 e 21 (€ 5) – ALASKA di C. Cupellini

SUBURRA

Formidabile la regia di Stefano Sollima, che si inventa una Roma cupa, lurida, laida, perlopiù notturna, invasa dal fango, flagellata dalla pioggia.

Quel che segue è l’esplicazione di quanto di tenebroso e sordido viene evocato dal (peraltro bellissimo) titolo. Tutto un magma-magna e uno spara-spara in cui confluiscono e sono sodali e collusi: 1) il Vaticano; 2) la politica della destra governativa; 3) la criminalità burina e feroce derivata dal neofascismo degli anni Settanta; 4) i piccoli boss (il capetto di Ostia) e gli zingari cravattari ansiosi di spartirsi la grande torta. Che nel film è una gigantesca operazione urbanistica tesa a metter su una simil Las Vegas sul litorale di Ostia. Ci mettono dentro i capitali parecchi clan e sottoclan criminali coordinati da un super padrino chiamato Samurai, un fascio passato dall’idea, dagli ideali e dalle lotte politiche degli anni Settanta al più pratico e redditizio affarismo. A renderla possibile ci penserà il corrotto deputato di riferimento del centrodestra tessendo la maggioranza necessaria a far passare in parlamento una legge ad hoc. Come no, c’è dentro l’eco precisa di Romanzo criminale con la sua ascesa nera dalle periferie al centro, ma qui siamo ancora di più al rispolvero di un modello narrativo più antico del nostro cinema, quello di film come Le mani sulla città, A ciascuno il suo, Cadaveri eccellenti, con i loro intrecci – in quei casi in Sicilia e a Napoli – di politica e mafia. Suburra frulla quelle suggestioni potenti a tutto il noir e crime nostro degli anni Duemila, da Gomorra (l’esecuzione nel centro estetico dei due bravi del ramo ostiense riprende la scena iniziale del film di Garrone) a ovviamente Romanzo criminale, e ambisce a essere il ritratto perfetto e definitivo di Roma cloaca massima di ogni nequizia contemporanea. La narrazione è scandita da un countdown che ci indica man mano i giorni che mancano all’apocalisse. Al netto del suo ideologismo, Suburra è magnifico, lurido e buio, un’oscurità che è anche dell’anima e che ricorda nei momenti più alti L’infernale Quinlan di Orson Welles.

ALASKA

Alaska è un melodramma a tinte forti, l’odissea amorosa di due protagonisti osteggiati nella loro ricerca di serenità. Un’opera potente dove il riscatto dalla propria condizione diventa dramma ineludibile.

Claudio Cupellini firma Alaska, una coproduzione francese che sente tanto l’influenza del cinema d’oltralpe, infilando una storia di amore e disperazione che non teme affronti, difetti, lungaggini, e che va spedita verso il proprio epicentro narrativo senza curarsi di nulla. Portandosi dietro la forza di una sceneggiatura volteggiante ma precisa, dove ogni spirale narrativa assume la sua giusta intensità all’interno della parabola tragico-affettiva dei suoi protagonisti. Già con Una vita tranquilla Cupellini aveva dimostrato di saper maneggiare con cura il materiale umano di esistenze osteggiate nel loro percorso di vita e ricerca di quiete. Qui il regista veneto punta ancora più in alto, affrontando sfide ancora maggiori, e realizzando ancora una volta un film a cavallo di due Paesi (Francia e Italia), in un interessante scambio di culture che trapela anche da quel mix nel parlato dei due protagonisti (Nadine prova a parlare in italiano, Fausto le risponde in francese, ma quando sono incazzati entrambi utilizzano la loro lingua madre).

Un melodramma amoroso e sentimentale di straordinaria portata dove Cupellini si prende il tempo necessario per entrare nei dettagli della sua storia, raccontando vizi, tic, paure e virtù dei suoi Fausto e Nadine, per poterne poi spiegare azioni e reazioni in una catena di eventi estremamente drammatica ma geometricamente sequenziale. Fausto e Nadine sono giovani privi del senso della prospettiva, e puntano tutte le loro esistenze verso il loro riscatto da una solitudine e da una ‘povertà’ congenite. E in questa dinamica, l’elemento dell’esser spinti dallo stesso obiettivo sarà al tempo stesso il punto di forza e debolezza del loro rapporto. Elio Germano spicca per la tenuta e coerenza emotiva durante tutto l’arco del film, ma anche Astrid Berges-Frisbey non è da meno, incarnazione piena di una cupa e dolorosa bellezza che ricorda vagamente la Marion Cotillard in Un sapore di ruggine e ossa di Audiard.

Un paragone non casuale visto che, a margine di qualche linea narrativa che andava forse un po’ sfoltita garantendo all’opera una maggiore incisività, nei suoi pregi migliori Alaska ricorda da vicino la profondità e la compiutezza del miglior cinema francese, un cinema dove il dramma (in fondo semplice) di due vite ai margini appaiate dal caso o dal destino, può assumere vertici emozionali davvero sorprendenti. Non c’è facile pietismo o un dramma ricattatorio, ma solo la storia (verosimile) di Una vita tranquilla che appare in certi casi un miraggio impossibile da raggiungere.

SNOOPY & FRIENDS – IL FILM DEI PEANUTS

In occasione del 65° anniversario dall’esordio della striscia a fumetti e 15 anni dopo la scomparsa del loro creatore, i Peanuts tornano al cinema con una grande produzione dei Blue Sky Studios (L’Era Glaciale, Rio), un lungometraggio animato diretto da Steve Martino (Ortone e il Mondo dei Chi, L’Era Glaciale 4 – Continenti alla Deriva).

Dopo 4 film cinematografici e 45 special televisivi, il ritorno di Charlie Brown e dei suoi amici è di sicuro qualcosa che i fan attendevano da tempo, ma ai tempi l’annuncio portò con sé un grande dubbio: il nuovo progetto infatti sarebbe stato animato in computer grafica. Paura, incertezza, panico.

Com’era possibile pensare di tradurre il tratto stilizzato di Charles Schulz e un fumetto così piatto in qualcosa di tridimensionale? L’aspetto visivo è stata la principale preoccupazione, svanita rapidamente circa un anno e mezzo fa, appena è stato mostrato il primo teaser trailer: Charlie Brown e Snoopy si presentavano con modelli in CG dettagliati e coerenti con la controparte cartacea, grazie anche all’utilizzo di elementi bidimensionali per le espressioni del volto e linee cinetiche di movimento prese direttamente dal fumetto.

La distribuzione italiana ha optato per intitolarlo Snoopy & Friends, relegando al sottotitolo “Il film dei Peanuts”; non è una scelta che appare così assurda, visto che il simpatico cane è di certo il personaggio più conosciuto e amato, quindi in grado di portare il pubblico in sala, ma non solo: Snoopy infatti è la spalla comica del protagonista, che in più di un’occasione riesce a rubargli la scena, anche nei panni di alcuni dei suoi numerosi alter ego; in particolare la lotta contro il Barone Rosso occupa una fetta importante della pellicola, con diverse sequenze oniriche che vedono il cane a bordo del suo aereo da guerra per sconfiggere il suo avversario e trarre in salvo la sua bella. È forse l’unico elemento del film a risultare eccessivo, presente per più tempo del necessario, quando alcune di quelle scene si sarebbero potute sfruttare per vedere Snoopy nel mondo reale, dove è molto più efficace e riesce realmente a rendere speciale ogni scena in cui appare. Pensando allo studio d’animazione che ha prodotto il film, questa side-story ci ricorda per certi versi le avventure di Scrat, che potrebbe effettivamente avere maggiore appeal sugli spettatori più giovani.

PROGRAMMAZIONE CINEMA ITALIA DAL 11-11 AL 16-11

Mercoledì 11 novembre ore 21  – LA VITA E’ FACILE AD OCCHI CHIUSI di D. Trueba –  cineforum
Venerdì 13 novembre ore 21  – LA VITA E’ FACILE AD OCCHI CHIUSI di D. Trueba  – ingresso € 5
Sabato 14 novembre ore 18.30  – HOTEL TRANSYLVANIA 2 di G. Tartakovsky – ingresso € 5
Sabato 14 novembre ore 21  – SUBURRA di S. Sollima
Domenica 15 novembre ore 16  – HOTEL TRANSYLVANIA 2 di G. Tartakovsky – ingresso € 5
Domenica 15 novembre ore 18  e 21  – SUBURRA di S. Sollima
Lunedì 16 novembre ore 20.30 – SUBURRA
LA VITA E’ FACILE AD OCCHI CHIUSI
Se l’apertura del lungometraggio diretto dal cineasta iberico David Trueba – autore tra l’altro, de La buena vida (1996) – mostra immagini di repertorio di John Lennon e dei Beatles il motivo è semplicissimo: il titolo La vita è facile ad occhi chiusi (2013) altro non è derivato che dal verso “Living is easy with the eyes closed” che colui che ci ha regalato Imagine e Happy Xmas incluse nella sua Stawberry fields forever.
Perché quella raccontata nel corso della oltre ora e quaranta di visione è una vicenda ispirata a quanto realmente accaduto a Juan Carrión, professore d’inglese che, con l’obiettivo di chiedere al futuro compagno di Yoko Ono di correggere i testi trascritti nel proprio quaderno per poterli poi insegnare ai suoi alunni, pare lo abbia incontrato sul set di Come ho vinto la guerra (1967) di Richard Lester.
Un incontro dopo cui sembrerebbe che i quattro “scarafaggi del beat” (e di seguito tutte le band musicali) abbiano cominciato a riportare i testi delle proprie canzoni nel retro degli LP e che Trueba riporta sullo schermo ponendolo nei panni del protagonista Antonio: professore che, appunto, nella Spagna del 1966 intraprende un lungo viaggio in macchina verso il Sud, in quanto ha appreso che Lennon si trova in Almeria (Andalusia) per interpretare la pellicola sopra citata.
Lungo viaggio durante il quale offre un passaggio al sedicenne scappato di casa Juanjo e alla giovane Belén, anche lei apparentemente fuggita da qualcosa; personaggi destinati ad affiancare l’uomo della sua missione ed a stringere con lui una amicizia il cui progressivo sviluppo non finisce altro che per essere posto al centro di una storia di formazione on the road volta a ribadire, tra l’altro, che ci sono canzoni che ti salvano la vita.
Lo sfondo di La vita è facile ad occhi chiusi è la Spagna degli anni Sessanta: contradditoria, grigia, in piena dittatura. La generazione più anziana è ancora condizionata dalla guerra civile e quella più giovane desidera libertà morale e sociale. Questo contrasto è evidente soprattutto nel sud del paese, come la poverissima provincia di Almeria (Andalusia), dove le prime ondate di turismo di massa e le grandi produzioni cinematografiche straniere si scontrano con ritardi e limitazioni. In questo contesto, l’arrivo di John Lennon per partecipare alle riprese del film Come ho vinto la guerra di Richard Lester sottolinea lo stato d’animo di una parte della popolazione giovanile: è un simbolo di libertà, di nuova morale, di progresso”. È sufficiente questa dichiarazione del regista David Trueba per esprimere un giudizio nei confronti di una dolceamara commedia on the road i cui tre protagonisti rappresentano altrettanti forme di ribellione all’ordine costituito, testimoniando che i veri eroi sociali sono sempre persone comuni capaci di superare aspettative e limiti. Perché la vita è come un cane: se sente che hai paura, ti viene a mordere.
HOTEL TRANSYLVANIA 2
Per il Conte Dracula non ci sono dubbi: suo nipote si può chiamare solo Denisovic.
Perché? Perché deve essere slavo e soprattutto deve essere un vampiro, in modo tale che sua figlia Mavis, innamoratasi dello yankee Johnny nel primo Hotel Transylvania del 2012, possa rimanere vicino a lui (mai dimenticare che il Conte è vedovo) e non lasciarlo solo soletto a gestire il resort per mostri che tanto ci aveva divertito nel primo film.
Dracula dunque come Spencer Tracy di Indovina Chi Viene a Cena (1967) e Robert De Niro di Ti Presento i Miei (2000): un padre apprensivo più ipocrita di quello che il finale del bellissimo primo episodio del 2012 ci aveva fatto pensare quando sembrava che il mondo dei mostri e quello degli umani potessero andare anche d’accordo.
E invece ecco in Hotel Transylvania 2 uscire fuori tutte le idiosincrasie del capo famiglia vampiro, il quale non vuole proprio credere che il nipotino Dennni… pardon Denisovic possa anche non essere un vampiro.
In attesa che gli escano i  canini (ma usciranno mai? E se fosse solo un tristissimo umano?), il nonno cercherà di svezzare il piccolo Denisovic alla mostruosità con l’aiuto riluttante dei mostri amici Wayne (il Lupo Mannaro stressato che non può fare l’istruttore di tennis perché subisce troppo il fascino della pallina), Frankenstein, Griffin (L’Uomo Invisibile che prova a convincere gli altri di avere una fidanzata invisibile; in italiano gli dà la voce il Mino Caprio di Peter Griffin), Murray (la Mummia giocherellona) e Blobby (il Blob gelatinoso in grado di inglobare tutto e tutti al suo interno molliccio).
Bellissima l’apparizione finale di un parente del Conte Dracula ancora più old school di lui per quanto riguarda il rapporto con gli umani. Insomma… il sequel è molto divertente per come gioca con la tradizione horror (senza poter utilizzare troppo l’iconografia ufficiale dei Mostri Classici visto che sono proprietà Universal; questa produzione è Sony/Warner) inserendo queste dinamiche dentro una commedia familiare sincera, scritta molto bene e con più di una bella scena d’azione. Il regista Genndy Tartakosky conferma ancora una volta di essere un grande talento.
 SUBURRA
Formidabile la regia di Stefano Sollima, che si inventa una Roma cupa, lurida, laida, perlopiù notturna, invasa dal fango, flagellata dalla pioggia.
Quel che segue è l’esplicazione di quanto di tenebroso e sordido viene evocato dal (peraltro bellissimo) titolo. Tutto un magma-magna e uno spara-spara in cui confluiscono e sono sodali e collusi: 1) il Vaticano; 2) la politica della destra governativa; 3) la criminalità burina e feroce derivata dal neofascismo degli anni Settanta; 4) i piccoli boss (il capetto di Ostia) e gli zingari cravattari ansiosi di spartirsi la grande torta. Che nel film è una gigantesca operazione urbanistica tesa a metter su una simil Las Vegas sul litorale di Ostia. Ci mettono dentro i capitali parecchi clan e sottoclan criminali coordinati da un super padrino chiamato Samurai, un fascio passato dall’idea, dagli ideali e dalle lotte politiche degli anni Settanta al più pratico e redditizio affarismo. A renderla possibile ci penserà il corrotto deputato di riferimento del centrodestra tessendo la maggioranza necessaria a far passare in parlamento una legge ad hoc. Come no, c’è dentro l’eco precisa di Romanzo criminale con la sua ascesa nera dalle periferie al centro, ma qui siamo ancora di più al rispolvero di un modello narrativo più antico del nostro cinema, quello di film come Le mani sulla città, A ciascuno il suo, Cadaveri eccellenti, con i loro intrecci – in quei casi in Sicilia e a Napoli – di politica e mafia. Suburra frulla quelle suggestioni potenti a tutto il noir e crime nostro degli anni Duemila, da Gomorra (l’esecuzione nel centro estetico dei due bravi del ramo ostiense riprende la scena iniziale del film di Garrone) a ovviamente Romanzo criminale, e ambisce a essere il ritratto perfetto e definitivo di Roma cloaca massima di ogni nequizia contemporanea. La narrazione è scandita da un countdown che ci indica man mano i giorni che mancano all’apocalisse. Al netto del suo ideologismo, Suburra è magnifico, lurido e buio, un’oscurità che è anche dell’anima e che ricorda nei momenti più alti L’infernale Quinlan di Orson Welles.